Il mercato delle materie prime: cosa sono e dove acquistarle

Certamente tutti voi avete già sentito parlare delle varie materie prime di cui le nostre economie moderne hanno un disperato bisogno. Parliamo quasi di una dipendenza. 

Bene. Oggi vi parleremo proprio di queste, seguendo questa traiettoria:

  • Che cosa sono.
  • Dove si trovano.
  • Dove acquistarle.
  • Uno sguardo al presente.
  • Considerazioni finali.

Che cosa sono le materie prime

ecnicamente più note come “commodities” con esse si intendono le preziose risorse naturali, suddivise in due macro categorie: le soft e le hard commodities.

Le “Soft Commodities” comprendono tre grandi famiglie di prodotti e precisamente: 

  • quelle di natura agricola, come il frumento, il mais, la soia e l’avena
  • quelle “coloniali”, note anche come “tropicali”. Vale a dire il cacao, il caffè, il tabacco, lo zucchero e il cotone. 
  • quelle “animali” le cui più note sono rappresentate dai bovini, dai suini e dai caprini. 

Le “hard” commodities sono anch’esse distinte in tre tipologie: 

  • Quelle dei “metalli industriali”, primo tra tutti il ferro, seguito a ruota dall’alluminio, dallo zinco, dal rame e dal nickel. 
  • Quelle dei metalli preziosi come l’oro, l’argento, il platino ed il palladio (non si ossida a contatto con l’aria e questa caratteristica lo rende molto ambito nell’ambito della gioielleria di alta fascia), dei diamanti e di tutte le altre note “pietre preziose”
  • quella dei prodotti energetici di cui ricordiamo innanzitutto il petrolio, seguito dal gas naturale e da tutte le forme di produzione di energia elettrica (esclusa naturalmente quella di natura atomica).

Per tutte, indistintamente, vale questa caratteristica dominante: si tratta, dal punto di vista economico, di bene considerati “fungibili”, vale a dire identicamente replicabili all’infinito e non diversi gli uni dagli altri. Come tali, quindi, non hanno alcun bisogno di ulteriori specifiche che ne caratterizzino l’origine, la provenienza o l’estrazione. 

Inoltre, quasi tutte le commodities hanno il pregio di poter essere immagazzinate comodamente, anche in grandi quantità, senza perderne le qualità fondamentali. Anche per un lungo arco di tempo.  

 

Dove si trovano

Come avete immaginato, trattandosi di “prodotti naturali”, il loro luogo ideale di nascita e sviluppo è proprio la natura! Ad esclusione dell’elemento “acqua”, ossia non considerando gli oceani che ci forniscono in abbondanza risorse ittiche (non comprese, stranamente, nell’ambito delle materie prime), gli altri tre elementi (terra, aria e fuoco) ci forniscono circa l’83% di queste risorse. 

La parte del leone la fa la terra, con oltre il 60% della produzione. L’aria ci fornisce tantissima energia “eolica” ed il sole quella rimanente parte che copre il fabbisogno di circa un quarto dei paesi sviluppati. 

Il mondo animale fa il resto. Pressoché in ogni continente sono presenti, in misura maggiore o minore, le une o le altre. Ma non è questa la sede per approfondire ulteriormente questo immenso mercato. 

L’Italia gode di un settore agroalimentare di primissimo ordine a livello mondiale. Latita decisamente sul fronte estrattivo e su quello energetico, per cui a tutti gli effetti siamo importatori netti di quasi tutte le altre materie prime. Soprattutto di semilavorati e di prodotti collegati alla tecnologia (in prima posizione i chip ed i micro chip che importiamo da Taiwan in misura massiccia). 

Dove si possono acquistare le materie prime

Trattandosi di un vero e proprio business, esistono nel mondo vere e proprie “Borse Merci” che ufficialmente, ed in modo estremamente regolamentato, ne garantiscono gli scambi ed il funzionamento, 24 ore su 24 lungo tutti i fusi orari. 

Ma la caratteristica saliente che ne costituisce altresì l’elemento fondante, è che tutte le commodities sono negoziate esclusivamente attraverso lo strumento dei “futures”, ossia attraverso il ricorso ai “derivati”. 

Non esiste il mercato “a pronti” (per contanti) poiché sarebbe impossibile armonizzare in ogni borsa valori (quindi in ogni valuta) contemporaneamente un regolare incrocio tra domanda ed offerta senza innescare “arbitraggi” (speculazioni molto veloci) tra l’una e l’altra identica materia prima. È proprio la contemporaneità degli scambi l’ostacolo ed il limite alla speculazione. 

Immaginate un barile di petrolio scambiato a New York in dollari americani e lo stesso bene negoziato a Londra in contemporanea, ma in euro. Aggiungete la Borsa di Riad che tratta l’oro nero in Riyal sauditi (un Riyal = 0,24 Euro = 0,28 dollari USA). Senza ricordare le borse minori, che a loro volta trattano lo stesso bene espresso in termini di valuta locale. 

Sarebbe un inferno regolamentare in modo efficace tutto questo. A tal scopo, si è universalmente riconosciuta la necessità di uniformare gli scambi adottando uno strumento il cui funzionamento sia noto a tutti i partecipanti di questo immenso mercato. Ecco il perché dei “Futures”. 

A livello globale, le principali piazze finanziarie sono quelle di Chicago, con il suo immenso CBOT (Chicago Board Of Trade), New York con i NYMEX (New York Mercantile Exchange), Londra con il LIFFE (London International Financial Future Exchange), Tokyo, Singapore ed Hong Kong. 

Queste ultime tre rivestono importanza minore, relegando gli scambi mondiali a meno del 30%, mentre le prime tre assorbono oltre il 65% delle negoziazioni. I mercati arabi e sudamericani, con l’unica eccezione della Borsa merci brasiliana, assumono importanza davvero marginale, concentrando meno del 5% degli scambi. 

Diamo uno sguardo al presente

Tralasciando i fattori di natura contingente o quelli di natura geopolitica (pandemia e guerra in Ucraina), la mano della speculazione agisce in modo potente su queste negoziazioni. 

Vi basti pensare al future sul greggio negoziato al NYMEX che meno di due anni fa, causa il primo lockdown dovuto al Covid 19, per la prima volta nella sua ultrasecolare storia, è andato “in negativo”, ossia quotava meno di zero dollari al barile! 

Ciò significa che lo stoccaggio della materia prima costava di più ai produttori di quanto incassato dalla vendita. Nel 2022 si è nella situazione opposta. Il prezzo è alle stelle. Così vale per l’oro, per il grano, per i diamanti, per i bovini da carne e da latte. 

Non parliamo dell’energia e del gas, che con i loro prezzi triplicati in due mesi stanno mettendo sotto scacco mezzo mondo ed innescando pericolosissime spirali inflazionistiche di cui nessuno è in grado di prevedere la portata. 

Gli esiti della guerra sono tutt’altro che scontati e le conseguenze saranno rilevanti per tutti i paesi, anche per quelli non direttamente coinvolti. 

I consigli del Team Imparare a Investire

Si tratta di un mercato affascinante e variegato, ma terribilmente minacciato da fattori esterni che ne alterano continuamente gli scambi. 

Questi “disequilibri” non potranno essere sostenuti a lungo perché l’inflazione è sempre pronta a rialzare la testa. In Europa e negli Stati Uniti siamo a livelli che non si riscontravano da venti o trent’anni. Le tensioni inflazionistiche innescano rivendicazioni salariali da parte dei lavoratori e mettono in dubbio i sani percorsi di crescita di ciascun paese. 

L’allontanarsi delle traiettorie di sviluppo sostenibile rendono i paesi vittime di questo fenomeno, “vulnerabili” ad attacchi di natura economica. Il loro debito pubblico risulta meno appetibile e più caro, così come lo stesso servizio del debito, sempre più oneroso. 

Altre variabili macro economiche subiscono “declassaggi” dalle agenzie di rating internazionali. L’affidabilità dei “Paesi” e la loro immagine peggiorano. La fiducia diminuisce. Un disastro insomma! 

La ricetta per evitare tutto questo cataclisma finanziario sarebbe rendere “meno dipendenti” dalle materie prime i paesi, ma si tratta di un’utopia. Le rendite di posizione non lo permettono. Lo vediamo con il gas naturale russo! 

È stato così nelle due precedenti crisi energetiche lo scorso secolo. Cartelli e paesi estrattori di petrolio non hanno ceduto di un solo metro dalle loro posizioni protezionistiche. Arabia Saudita, Venezuela e Brasile hanno pagato un prezzo salatissimo, nei decenni a venire, per l’intransigenza dimostrata. 

L’oro è cresciuto fino agli attuali 1900, ma senza una chiara visione, semplicemente ostaggio della paura collettiva e slegato da ogni logica di natura economica. 

Il prezzo del grano ucraino sta volando a livelli mai visti prima.

Avete quindi capito che non si tratta di un argomento “facile” da trattare. Ma sono proprio le difficoltà che aguzzano l’ingegno dell’uomo e che rendono questa materia così affascinante e piena di incognite disseminate qua e là lungo la strada.

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