L’idea del mining e delle criptovalute nasce in Giappone nel 2009 da un certo Satoshi Nakamoto.
L’idea gli giunge alla mente con un preciso scopo: quello di risolvere gli inevitabili problemi che nascono in un Mercato di scambi “non regolamentato” da un Organismo centrale (Banca o chi per esso), effettuando gli scambi in modalità “peer to peer”, meglio conosciuta come tecnologia P2P, dove i computer degli utenti funzionano contemporaneamente sia da clienti che da server.
L’interazione tra essi ed i server periferici (host) permette, attraverso una geometria a ragnatela, di espandere all’infinito gli scambi effettuati, senza perdere un solo dato delle transazioni eseguite.
Per alcuni si è trattato di una vera e propria “rivoluzione copernicana” all’interno del mondo tecnologico. Oggi questi scambi vengono raccolti sotto il termine di “blockchain technology”.
L’idea del mining e delle criptovalute oggi
Nel corso degli ultimi anni, naturalmente, questa nuova “frontiera tecnologica” ha compiuto passi da gigante e pressoché la totalità delle oltre 60 criptovalute in circolazione adotta questo sistema di calcolo per la creazione “virtuale” dei suoi strumenti negoziabili.
Da un certo punto di vista si tratta di una materia a dir poco affascinante, mentre dall’altro si riscoprono, giorno dopo giorno, tratti sempre più “pionieristici” in tutte le fasi che ne contraddistinguono gli scambi sulle piattaforme dedicate.
Non può non venire in mente la famosa “bolla dei tulipani” scoppiata in Olanda nel 1637. Allora come oggi si era persa di vista la ragione economica alla base di ogni singolo scambio: il valore intrinseco del bene oggetto dell’incontro tra domanda e offerta.
Se questo valore perde il contatto con la realtà, non è difficile prevedere “evidenti distorsioni” all’interno dei Mercati.
Che cos'è il mining?
Il termine “mining” deriva dal verbo inglese “to mine” che significa “estrarre”, ovvero la tipica attività dei minatori.
Infatti potremmo tradurre più banalmente la locuzione con il termine “estrazione”.
Ma da dove? Di che cosa stiamo parlando?
Non volendo essere troppo “tecnici”, cercheremo di illustrarvi i concetti nel modo più semplice possibile.
Il singolo minatore, attraverso l’uso di avanzatissimi e costosissimi sistemi ed algoritmi di calcolo, va ad inserirsi in un lavoro di Team che coinvolge migliaia di persone sconosciute che lavorano all’interno di un’unica immensa miniera virtuale. Il lavoro vero e proprio è solamente quello di mettere a disposizione il proprio pc con il proprio server, senza condividere null’altro.
In origine, ossia quando il numero dei partecipanti “minatori” a questa attività era relativamente esiguo, il vantaggio era davvero notevole poiché nel giro di pochi giorni era possibile estrarre e creare un singolo Bitcoin immediatamente negoziabile sul mercato, mentre ora che il numero dei lavoratori sta saturando, per creare un’unità di conto sono necessari diversi mesi ad ogni singolo minatore.
Ma non basta.
Il padre della criptovaluta, per evitare che il mercato esaurisse la sua preziosa materia prima, ha disposto, con cadenza quadriennale, che ogni singolo Bitcoin si splittasse in quattro identiche unità riparametrandone il valore, ma espandendone così il numero in circolazione.
Attirare a questo mercato sempre più operatori e rendere disponibili sempre più Bitcoin era il vero propellente di queste decisioni assunte “cum grano salis”.
Costi del mining di criptovalute
Come ampiamente anticipato, attualmente il mining è diventata un’attività antieconomica perché i costi sono decisamente più elevati dei potenziali ricavi.
Ora vi daremo un’idea delle cifre approssimative di cui stiamo parlando. Occorre innanzitutto un pc con determinate caratteristiche a livello di hardware. E si parla di 2/3.000 euro (anche di più) solo per il suo acquisto.
Dopo di che, occorrono i software che vi permettono di dialogare in tecnologia blockchain sia con gli altri server sia con tutti gli altri host presenti nella miniera.
Parliamo di programmi il cui costo si aggira intorno ai 1/1.500 euro ciascuno a cui devono aggiungersi i frequentissimi interventi di manutenzione ed aggiornamento degli stessi, ad un costo di 2/300 euro annuali.
Il terzo centro di costo è il contratto di deposito ed amministrazione della materia prima estratta, ovvero dei nostri Bitcoin/criptovalute, con una cifra annuale che può raggiungere i 500 euro per la sola detenzione. Infine, e qui ai prezzi attuali dell’energia si parla di un vero e proprio salasso, vanno aggiunti i costi energetici di un’attività aperta 24 ore al giorno, sabato e domenica inclusi.
Per la creazione di un solo Bitcoin occorrono circa cinque mesi e l’energia necessaria ci verrà a costare altri 40/50 euro al giorno!
Fate voi le moltiplicazioni e traetene le conseguenze. Per diventare profittevole ogni singolo Bitcoin dovrebbe valere dai 45 ai 55.000 dollari. Sotto questa soglia di prezzo si tratta di un’operazione in perdita.
Vantaggi del mining
Unico e solo beneficio è sperare che, con “il tempo” e con l’acuirsi della sua rarità, la criptovaluta si apprezzi.
Come per tutte le attività di natura economica, anche il Bitcoin non sfugge a questa regola. Purtroppo le amplissime oscillazioni e la sempre più marcata concorrenza non lasciano ben sperare.
Inoltre, le Banche Centrali di numerosi Paesi hanno ventilato l’ipotesi di far quotare le proprie valute virtuali di scambio sui mercati blockchain.
Questo non a fini speculativi, ma, anzi, per garantire maggiore visibilità e aumentare la negoziabilità sui mercati.
In questo contesto potrebbe rivelarsi un’opportunità di buone prospettive volte ad allargare il numero dei partecipanti alle negoziazioni.
Il valore potrebbe crescere sul serio non per effetto di pure speculazioni, ma perché effettivamente il Mercato ha prezzato con un valore “reale” ogni singola attività finanziaria legata a questa tipologia di scambi.
Il nostro giudizio, attualmente, rimane “sospeso” tra una certa cautela ed un certo pessimismo. Ma è ancora presto per trarre delle conseguenze da questo complicato processo.
I consigli del Team Imparare a Investire
Il complicatissimo sistema di crittografia sulla quale è basata la tecnologia in questione ne rappresenta, da un lato, una garanzia che conserva e mantiene un elevato livello di protezione dei dati personali, dall’altro ne costituisce un ostacolo, data la difficile accessibilità e gli elevati standard tecnologici richiesti per il suo utilizzo.
Un altro punto di domanda che ci poniamo è questo: l’ideatore giapponese ha fissato nel 2008 in 21.000.000 il numero massimo di Bitcoin creabile dalle miniere virtuali. Numero non espandibile ovviamente. Alla velocità di estrazione odierna si pensa che, al più, nel 2040 si sarà esaurita sul mercato la possibilità di estrarre cripto. Che cosa avverrà allora? Succederà come per il mercato dei diamanti, o scoppierà invece la bolla dettata dai suoi prezzi sempre più slegati dal mondo reale?
Questo è un dubbio che non deve cogliere impreparati i nostri attenti lettori. È davvero difficile effettuare previsioni a così lungo termine, e non ne faremo.
Rimane però la sensazione diffusa che si tratterà di una deflagrazione che lascerà sul campo un numero elevatissimo tra “feriti e morti”.
Da non sottovalutare, infine, il problema della sempre maggiore concorrenza “interna” all’universo delle cripto.
Si pensa che alla velocità di creazione attuale, che vede 2/3 cripto nascere ogni settimana, il mercato esaurirà la sua spinta tra due, massimo tre anni con il caos conseguente agli ingorghi nelle varie fasi del processo estrattivo insito alla blockchain.
Un semplice livello di crittografia modulare non sarà più sufficiente a tutelare i miners. I dati circoleranno indisturbati in rete e la tutela della privacy informatica richiederà ulteriori costi per il suo sviluppo ed il suo mantenimento in piena efficienza. Insomma, è il cane che si morde la coda.
Si preannuncia un caos incontrollato che non potrà generare nulla di buono. Almeno, questa è la nostra sensazione.
Questa folle corsa all’oro, come avvenuto nel Klondike (regione tra il Canada nord occidentale e l’Alaska) ad inizio dello scorso secolo, lo sappiamo benissimo come andò a finire. In quello specifico caso i morti “veri” si poterono davvero contare, mentre in questo caso non siamo realisticamente in grado di fornire dati attendibili sul numero effettivo di partecipanti a questa corsa.
Il nostro sincero consiglio è di volare un pochino di meno con la fantasia, alla ricerca di elevati guadagni in tempi brevissimi. Dunque, è importante affidarsi maggiormente a persone che siano maggiormente in grado di stare con i piedi ben piantati a terra, che non effettuino voli pindarici alla ricerca di facili Eldorado ed in grado di mettervi nella condizione di ottenere guadagni meno esaltanti, ma più “sicuri”.
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